Charles si fa da parte e io mi allontano in fretta, rientro in casa, supero il soldato in piedi accanto alle scale e salgo verso la mia suite di stanze al secondo piano, quasi correndo quando raggiungo le porte, desiderando di poterle chiudere a chiave, ma non posso perché la serratura è all’esterno.
Apro entrambe le porte ed entro, chiudendole dietro di me e appoggiandomi a esse per riprendere fiato.
Mi ci vuole un attimo per capire che c’è qualcosa che non va.
La stanza è buia, l’unica luce è quella che filtra dalla festa all’esterno. Le porte del balcone sono chiuse, ma sento ancora il suono di cinquecento degli amici più cari di mio padre che si ubriacano a sue spese. Beh, i soldi di mia madre, in realtà.
Non è questo che non va. C’è un odore che non appartiene a questo posto.
Uno sguardo intorno mi dice che sono sola, ma la porta della camera da letto è aperta. So di averla chiusa quando sono uscita.
Cammino verso di essa. Non faccio rumore.
Nessuno dovrebbe essere qui sopra. Il soldato non avrebbe fatto salire nessuno.
Spingo la porta più grande ed entro. L’odore è più forte qui dentro e mi fa venire la nausea.
La stanza è troppo buia per vedere e sto per girare l’interruttore della luce quando una figura si muove. In piedi con le spalle alle finestre, la luce crea una specie di alone intorno a lui e ciò lo pone in vantaggio. Non riesco a vedere la sua faccia, ma lui può vedere la mia in quella stessa luce.
Deglutisco e cerco di parlare. «Non dovresti essere qui,» riesco finalmente a dire, percependo qualcosa di pericoloso. E mi ricordo che per tutti gli amici che mio padre ha comprato, il numero dei suoi nemici è il doppio.
«No, non dovrei,» dice l’uomo, la sua voce ha un timbro profondo e sicuro, che mi ghiaccia la spina dorsale.
Fa un passo avanti e io ne faccio uno indietro, chiudo la mano sulla maniglia della porta dietro di me.
Pericolo.
Si irradia da lui.
«Cos’è questo odore?» chiedo prima di riuscire a fermarmi.
«Obitorio,» risponde lui, la sua voce bassa e dura.
Cammina verso di me, senza esitazione nel suo passo, e prima che io possa muovermi è a pochi centimetri da me.
L’odore gli si appiccica addosso e mi fa star male. Quando indietreggio, lui si sporge verso di me e io apro la bocca per urlare proprio quando qualcosa scatta.
Per un momento, penso che sia una pistola.
Poi la stanza è immersa in una luce morbida e dorata. Ha allungato la mano per accendere la lampada sul tavolo accanto a me.
Espiro, ma il mio sollievo è di breve durata.
L’uomo è più alto di mio padre. Mi supera di almeno trenta centimetri e io indosso dei tacchi da dieci.
I suoi capelli spettinati sono scuri, gli occhi nocciola e penso che sia ubriaco. Deve esserlo. Solo un uomo ubriaco entrerebbe nella camera da letto della figlia di Gabriel Marchese.
O uno con un desiderio di morte.
«Chi sei tu?»
Lui non mi risponde, ma studia il mio viso. I suoi occhi si restringono, il suo sguardo si abbassa sul gonfiore dei miei seni sollevati e spinti insieme dal ridicolo abito che indosso. È rosa, come i fiori. Un morbido rosa champagne. Un colore che detesto.
«Sono venuto con un regalo.»
Si infila la mano in tasca e per un momento mi chiedo se stia per tirare fuori un coltello o una pistola. Se alla fine abbia intenzione di uccidermi. Perché so che quest’uomo non è amico di mio padre. Nemmeno un socio in affari. E per la prima volta nella mia vita, penso alla protezione sotto cui ho sempre vissuto. La protezione che spesso mi è sembrata più soffocante che altro.
«È il tuo compleanno, vero?» chiede, inclinando la testa di lato e mettendo una mano sulla porta sopra la mia testa. Si avvicina così tanto che posso sentire il calore che si irradia dal suo corpo.
Deglutisco.
«Come hai fatto ad arrivare fin qui?» Ci sono guardie ovunque.
Lascia penzolare quello che ha in mano e il mio sguardo si sposta su di esso, sul ciondolo che pende da una catena d’oro. È troppo buio per distinguere i dettagli.
«Non dovresti essere qui sopra. La festa…»
«Non sono qui per la festa. Sono qui per te, Gabriela.»
Il mio sangue si congela alle sue parole.
Mio padre, per quanto odi ammetterlo, mi fa paura. Quest’uomo invece è terrificante.
Le sue labbra si incurvano in qualcosa di malvagio. Un ghigno. Mi chiedo se possa sentire la mia paura. Forse sente l’odore che si sprigiona da me. Gli uomini come lui possono, giusto?
«Girati.»
«Perché?» chiedo debolmente.
«Così posso darti il tuo regalo di compleanno.»
«Non voglio…»
«Ho detto girati.»
Dovrei urlare. Allertare una guardia. Ce ne sono un sacco. Invece continuo a fissare i suoi occhi nocciola e penso a quanto sia stranamente bello, anche se sembra così incasinato. Ubriaco come è, ovviamente. Folle.
«Ti prego, vattene e basta.»
«Girati.»
È un ordine.
Deglutisco. Mi giro.
Sposta la sua mano da sopra di me una volta che gli do le spalle, così quando solleva la catena sopra la mia testa e la porta giù per mettere il ciondolo contro il gonfiore dei miei seni, sento di nuovo quell’odore. Sulle maniche del suo vestito. Sulla pelle delle sue mani.
Abbasso lo sguardo sul ciondolo, ma lui lo tira più in alto in modo che io non possa vederlo. Invece, noto l’anello al suo dito, un anello pesante e scuro.
Poi però quelle dita toccano la mia pelle ed è come toccare un filo elettrico. Ho un sussulto, ascolto il battito del mio cuore, mi chiedo se lui lo senta. Se senta quella scossa di elettricità.
Non mi muovo mentre lui stringe la catena, il ciondolo alla gola. Tira e un nuovo panico prende piede. Penso che stia per strangolarmi con quello.
Emetto un suono, un patetico lamento. Dovrei urlare ma è come se la mia gola si fosse chiusa.
«È rotto,» dice lui. «È da maleducati, vero? Darti un regalo rotto?» La sua voce profonda è bassa, il suo respiro sul mio collo mi manda una strana sensazione lungo la schiena. «Ma è così che l’ho avuto anch’io.»
Capisco cosa sta facendo. Sta legando la catena. Dev’essere così.
Allungo la mano per toccare il ciondolo e quando lo faccio, qualcosa di duro si sfalda.
Un’occhiata alle mie dita mostra una scaglia di rosso scuro e so che è sangue. Lo so.
Il mio stomaco si contrae e stringo i muscoli, cercando di reprimere l’impulso di vomitare.
«Ecco,» dice lui. Sento l’odore di whisky nel suo alito ora che è più vicino e lo sento inspirare mentre con la mascella mi graffia la spalla nuda e io rabbrividisco.
Imperterrito, inclina la mia testa di lato e preme le sue labbra sulla curva del mio collo. Sul mio polso.
Mi si blocca il respiro e non posso muovermi.
Non è un bacio, questo.
Quest’uomo non mi sta baciando.
Le sue labbra tuttavia sono calde. E quell’odore disgustoso di prodotti chimici e di morte mi fa vomitare. Deve sentire che le mie ginocchia cedono, perché mi avvolge con un braccio potente e muscoloso, stringendo la presa e tenendomi contro di lui.
Porta la bocca al mio orecchio, prende un respiro profondo.
«Sai chi sono?» chiede in un sussurro che mi fa rizzare i capelli sulla nuca.
Scuoto leggermente la testa.
Mi gira in modo che io sia di fronte a lui, mi preme contro la porta con una mano sul mio ventre mentre con le dita dell’altra segue la linea della mia clavicola e tocca il ciondolo.
Quando finalmente incontro il suo sguardo, quello che vedo nei suoi occhi mi fa rabbrividire.
«Stefan Sabbioni,» dice. «Il fratello di Antonio.»
Quei nomi non significano nulla per me. Dovrebbero significare qualcosa?
«E voglio che tu dia a tuo padre un messaggio da parte mia,» continua, facendo una pausa così lunga che sembra che l’aria sia più pesante per le parole non dette. Per quelle che devono ancora venire. «Digli che tornerò a prendere anche qualcosa di prezioso.»
Passa un’eternità prima che lui faccia un passo indietro.
Le mie ginocchia cedono e afferro la maniglia della porta per rimanere in piedi.
Improvvisamente si gela nella mia stanza e sto tremando.
«Non ti dimenticherai di dargli il mio messaggio, vero?»
Scuoto la testa. È tutto quello che posso fare.
Lui annuisce, con gli occhi stretti, un sorriso che non è affatto un sorriso che gli fa tirare gli angoli della bocca verso l’alto.
«Buon compleanno, Gabriela,» dice, e con quello se ne va.
Collateral: Edizione Italiana → https://natasha-knight.com/book/collateral-edizione-italiana/